Ai politici vanno milioni di euro, allo Stato per investire in Cultura soltanto le briciole

 galanboldrini

Qual è la priorità di un Parlamento guidato dal Partito Democratico nel campo di Cultura ed Istruzione?

Ripristinare gli 8 miliardi tagliati ad Università, Ricerca, Scuola e Cultura dal governo Berlusconi negli anni precedenti? No, il PD ha bocciato la proposta del M5S già nel 2013. Niente risorse in più. L’Italia resta fanalino di coda dell’Europa.

Forse la priorità è ridefinire i Criteri di spesa per rilanciare le associazioni culturali e le fondazioni che sono state sempre escluse da qualsiasi finanziamento pubblico garantendo procedure trasparenti, meritocratiche, oggettive per l’utilizzo dei soldi dei cittadini?

Niente di tutto questo, questo parlamento a guida Pd preferisce continuare a spendere i soldi dei cittadini con il criterio della spesa storica, senza alcuna valutazione sul lavoro svolto da parte degli enti culturali e tutto resta fondato su un unico principio: la manina del politico di turno che fa approvare un emendamento, una legge a vantaggio di specifiche fondazioni ed associazioni. Insomma, con il parlamento a guida centrodestra o con il parlamento a guida centrosinistra, la regola dell’amico non cambia mai.

Così Galan, presidente ad oggi della commissione Cultura, voluto dal PD, che riceve stipendio da parlamentare, indennità da presidente, ma agli arresti domiciliari nella sua villa dopo aver patteggiato per l’inchiesta sul Mose nella quale è condannato per corruzione, nel 2014 spinge per l’approvazione di una legge per dichiarare la Basilica Palladiana di Vicenza un monumento nazionale, perché lo chiede un sindaco amico. Nessun criterio oggettivo, nessuna meritocrazia, ma vince il favore del politico di turno.

Se un ente culturale, una fondazione, un’associazione ha un padrino politico, prima o poi riceverà un riconoscimento, riceverà soldi pubblici, con un emendamento o una legge ad hoc come quella di cui quest’aula si occupa oggi.

E questa è la prassi della Commissione Cultura, è questa la prassi dei partiti. Per cui i rubinetti dei nostri soldi sono sempre aperti per il MAXI, presieduto dalla Melandri ex Ministro dei Beni Culturali del PD, che riceve 5 milioni di euro all’anno da questo governo.

Con un Cda presieduto dalla stessa Melandri si approvava la delibera n. 12 che Il Fatto Quotidiano porta allo scoperto. Si scopre che il suo stipendio è di 91.500 euro lordi all’anno e che la Melandri avrà diritto anche a un bonus sull’andamento dei ricavi fino a una somma di 24 mila euro. E questa è quella che disse “Io non prenderò nessuno stipendio”.

I rubinetti sono sempre aperti anche per Gianni Letta, Luigi Abete e Silvio Berlusconi. Otto società concessionarie che gestiscono oltre il 90 per cento dei servizi nei musei. In moltissimi musei (compresi Colosseo, Uffizi e Pompei) si sarebbe già dovuto provvedere al rinnovo dei servizi aggiuntivi, scaduti da diversi anni nel Polo Museale di Venezia.

Il regime di proroga va avanti dal 2006, a Pompei e agli Uffizi dal 2008 e al Colosseo dal 2010. Il dato sconvolgente, sollevato da un’indagine dell’Antitrust, che può prefigurare anche il danno erariale è che il mercato dei servizi aggiuntivi è in totale regime di oligopolio in cui a guadagnare sono i soliti noti.

Ai politici vanno milioni di euro, allo Stato per investire in Cultura soltanto le briciole. Per darvi un’idea, il sistema dei servizi aggiuntivi nel 2013 ha generato introiti lordi pari a 44,9 milioni di euro, che al netto si trasformano in entrate statali pari a solo 6,11 milioni di euro derivanti dal canone di concessione. Ma la Commissione Cultura a guida PD non vuole occuparsi di questo, ma persevera in questo sistema che il Movimento Cinque Stelle vuole cambiare riportando queste risorse allo Stato e alla Cultura.

https://www.facebook.com/luigi.galloM5S/videos/1000401963327404/

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