Il dibattito del paese è piegato sulle infrastrutture materiali ma poco si ragiona su quelle immateriali, che poi sono il nostro tessuto sociale, la capacità di costruire una comunità che funziona. Su questo c’è un impegno forte del governo. Nella legge di Bilancio è stata finanziata con 4 milioni di euro la digitalizzazione culturale che significa costruire il piano di beni culturali del Paese. Una volta costruita, questa infrastruttura può essere utile alle imprese culturali: attraverso questa struttura possono sviluppare la loro creatività.
L’obiettivo è intervenire per concludere tutte le proroghe che ci sono nel campo della gestione dei musei e siti culturali e poter dare spazio all’innovazione e riaccendere la creatività dell’impresa. Creatività, digitale, innovazione e comunicazione sono infatti quegli assi che creeranno più occupazione nel futuro e lo hanno già fatto in passato quando nei momenti di crisi si cresceva dello 0,7% all’anno. A maggior ragione lo faranno nel futuro coniugandolo col digitale e l’innovazione. Lo stato fa le infrastrutture, i privati partecipano con progetti educativi e sociali. Dobbiamo mettere il settore culturale nelle condizioni di svilupparsi e promuovere quel fermento necessario in un settore culturale e creativo.
Il privato ha il compito di elaborare sviluppo innovativo dal punto di vista culturale. Ad esempio, una volta definito dal pubblico la concessione di un servizio o di una gestione deve competere con l’innovazione e con il prodotto di qualità. Quindi non con un adagiamento sulle condizioni del passato. Oggi dobbiamo offrire anche delle esperienze in più, dobbiamo riuscire a catturare nuovi cittadini appassionati di cultura. La visita a un museo non sarà più semplicemente una visita, ma un’esperienza sensoriale. Dovranno esserci imprese capaci di realizzare tutto questo.