Cos’è questa proposta di legge?
Il Governo precedente ha dato a Google il potere di archiviare i nostri beni culturali e dall’altra parte Bill Gates ha comprato il Codice Da Vinci. Noi dobbiamo chiederci che cosa vogliamo?
Vogliamo che la nostra conoscenza e la nostra storia siano proprietà di qualche multinazionale, tra l’altro straniera? Oppure vogliamo che questa conoscenza appartenga allo Stato, visto che si tratta di ricerche pagate con i soldi dei cittadini?
L’idea è di avere un sistema Paese che competa con i giganti come Google e Bill Gates dicendo “noi abbiamo una piattaforma credibile della conoscenza”.
Questo è quello che innesca questa legge: un vero motore della conoscenza, grazie anche al finanziamento di 1 milione di euro. Su questo motore il cittadino potrà digitare una parola, ad esempio cancro, e arriverà all’ultima ricerca scientifica sul tema. La rivoluzione sta proprio nel fatto che ognuno di noi potrà accedere direttamente alle fonti.
La ricerca oggi non è più libera. Lei cosa ne pensa?
Oggi dobbiamo contrastare la tendenza secondo la quale le ricerche scientifiche non sono più al servizio dei cittadini, del Pianeta, ma diventano “commerciali”. Il sistema delle riviste scientifiche ha fatto in modo che i ricercatori e le università si piegassero sempre più all’omologazione.
Ci si può svincolare da tutto questo? Sì, sicuramente l’accesso aperto darà un aiuto in questa direzione, ma dobbiamo intervenire, e lo stiamo facendo, sulle agenzie di valutazione del nostro sistema universitario (quindi anche degli enti di ricerca) per fare in modo che ci sia una sterzata. E venga trasformato in valore anche, ad esempio, la ricerca innovativa di Einstein, che oggi correrebbe il rischio di essere sottovalutato perché non fa riferimento ad altre ricerche e non si muove nello stesso perimetro delle altre ricerche.
Rispetto alle modalità di accesso a numero chiuso?
Alcuni numeri chiusi possiamo totalmente abbatterli, ad esempio dove non ci sono tirocini né laboratori, bisogna che ci si interroghi anche sul senso del numero chiuso. In un Paese che ha il 18% della popolazione laureata, che è penultimo in tutta Europa. Com’è possibile mettere limiti quando dobbiamo far crescere il numero di laureati. Aprire a un aumento del numero dei laureati nel sistema programmato, come medicina, innovando con le ultime tecnologie e risponde a un’esigenza che già esiste.
Tutti ci hanno già anticipato che si può aumentare fin da subito il 20% degli studenti senza mettere mano a grosse riforme e questo è un dato positivo perché la nostra intenzione è quella di mettere fine all’effetto terno a lotto/gratta e vinci per cui non esiste un orientamento né studio della predisposizione.
È un sistema, quello attuale, che ha dei problemi che vanno risolti. Il Movimento 5 Stelle spinge per il primo anno ad accesso aperto, cercando di ridurre la platea in funzione dell’orientamento autonomo del singolo studente, perché da solo potrebbe rendersi conto che quella non è la strada giusta e consapevolmente scegliere un diverso percorso di studi.
Oggi gli studenti delle facoltà di medicina protestano, chiedendo un titolo abilitante che gli consenta di operare nel settore sanitario. È ipotizzabile in tempi brevi?
Sì, credo sia una richiesta recepibile, ci lavoreremo