Stiamo sradicando la politica marcia nazionale ed è ora di sradicarla nelle regioni e nei comuni

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Onorevole, il Movimento è a un bivio: entrare in una coalizione o presentarsi da solo alle prossime competizioni elettorali, compresa quella campana in primavera. Cosa la porta a credere che la prima strada sia quella giusta da intraprendere?

Abbiamo sradicato la politica marcia a livello nazionale. Oggi al governo del Paese ci sono persone con le mani pulite e libere ed abbiamo condizionato tutte le altre forze politiche. Nessuno immaginava una Lega capace di votare il reddito di cittadinanza e la legge anticorruzione, o un Pd a sostenere il taglio dei parlamentari e un investimento 4 miliardi sulla green economy, abbandonando così inceneritori e politiche del carbone e del petrolio. Ora è il tempo di sradicare la politica marcia anche nelle regioni e, come abbiamo dimostrato, possiamo farlo anche con accordi su temi alti che partano da un progetto fondato sulle nostre 5 stelle da proporre ai potenziali alleati.

La base, durante l’assemblea al Ramada, si è espressa in maniera sfavorevole alle alleanze: alle Regionali in tanti preferirebbero la corsa in solitaria. Il “parere” contrario è vincolante o la partita resta aperta?
Ieri è stata l’ultima fase di incontri, di confronto tra tutti i livelli istituzionali. Ora la parola bisogna darla agli iscritti di Rousseau che hanno dato il via libera alla nascita di due governi del Paese e possono decidere la nascita di un progetto di cambiamento anche in Campania.

Se alla lunga prevalesse la sua linea e si procedesse con un’alleanza, chi potrebbe essere il candidato unitario da sostenere in campagna elettorale?
è prematuro parlare di nomi. Bisogna che si individui una persona capace di incarnare i valori e i progetti radicali da realizzare per la nostra terra.

Stando alle sconfitte elettorali collezionate nell’ultimo anno e mezzo sembra chiaro che il rapporto di fiducia che si era creato tra voi e i cittadini si è incrinato. Secondo lei perché? Come pensa si possa rimediare?
Le sconfitte elettorali riguardano le sfide locali e su quelle bisogna cambiare passo e provare ad allargare il fronte su progetti importanti, con riforme radicali, sfidando  le altre forze politiche a rinnovarsi completamente. Il governo e il M5S nazionale verranno giudicati, invece, per le riforme fatte in questi 5 anni di legislatura. Il reddito di cittadinanza è attivo da soli 6 mesi, le leggi anticorruzione hanno effetto dopo un ciclo medio-lungo come è accaduto per alcune manovre negli Stati Uniti. Gli oltre 4 miliardi per la green economy ancora devono essere spesi, così le risorse per le imprese innovative. Possiamo ancora ottenere tanti successi a vantaggio dei cittadini.

Il Movimento perde rappresentanti, sia alla Camera che al Senato, tra cambi di casacca ed espulsioni. Quanto c’è di democratico in un partito che tira fuori il cartellino rosso ogni volta che qualcuno si permette di dissentire come nel caso di De Falco, Nugnes e Fattori?
Ad Aprile avremo gli stati generali del M5S e si ragionerà anche di nuove regole, riorganizzazione interna, leadership collettiva. È un’occasione che immagino possa essere utile per avvicinare nuove e vecchie energie e chiarire una nostra carta dei valori fondamentale per tracciare la rotta.

Qual è il senso delle dimissioni di Di Maio considerato che a reggere il Movimento sono solo i suoi fedelissimi?
Le dimissioni di Di Maio sono state un gesto generoso che ci permette di confrontarci su un nuovo Movimento senza che ogni proposta sia considerata un attacco alla leadership in carica.
Siamo in una fase transitoria che terminerà con gli stati generali per dare un nuovo assetto al M5S e una guida collegiale

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