Abbiamo presentato e calendarizzato una risoluzione in commissione Lavoro alla Camera per impegnare
il Governo a mettere in campo misure urgenti per il settore del lavoro marittimo.
Già prima dell’emergenza Covid-19 erano presenti delle criticità. Quello dei marittimi, infatti, è un lavoro particolarmente stressante, con lunghi turni di lavoro, difficoltà di riposare, una nutrizione particolare e situazioni ambientali molto variabili.
Inoltre sotto il profilo della semplificazione amministrativa, l’anagrafe digitale della Gente di Mare non
risulta ancora implementata: cio’ rende piu’ difficile il reclutamento di personale da parte delle compagnie armatrici.
Fra le nostre proposte ci sono: l’implementazione dell’anagrafe digitale unica della Gente di Mare; la deduzione dei costi sostenuti dai lavoratori marittimi per la partecipazione a corsi e attività di formazione inerenti
alla propria attività lavorativa; l’inserimento della categoria della Gente di Mare nella classe dei lavori usuranti, prevedendo la riduzione dell’eta’ pensionabile in maniera proporzionata al carico e all’entita’ delle mansioni svolte; l’adozione di misure normative finalizzate a favorire la stabilita’ e la continuita’ lavorativa dei lavoratori marittimi; l’adozione di opportune iniziative normative volte a prevedere o rafforzare forme di sostegno al reddito dei lavoratori marittimi nei periodi di inattivita’ tra ciascuno sbarco e l’imbarco successivo.
Auspichiamo il massimo sostegno di tutte le forze politiche.
ECCO IL TESTO:
Risoluzione in commissione
La XI Commissione,
considerato che il settore del lavoro marittimo è internazionalmente riconosciuto quale “key worker” e quindi essenziale e imprescindibile, in particolar modo per una nazione quale l’Italia, che notoriamente oltre ad avere oltre 8.000 chilometri di costa, pone le basi negli scambi commerciali, fondamentalmente nel trasporto marittimo;
il nostro Paese è leader negli scambi via mare grazie al massiccio investimento sulle cd. autostrade de mare, in termini di tonnellate il traffico ro-ro nazionale è stato nel 2021 pari a 123.484.496 tonnellate, un dato in crescita del 15% rispetto all’anno precedente (107.140.350 tonnellate) e del 9% rispetto invece al 2019 (113.212.704 tonnellate);
i dati ISTAT indicano chiaramente che nel 2020 la crisi pandemica mondiale ha prodotto una riduzione delle merci imbarcate e sbarcate nei nostri porti del 7,6%, una diminuzione del trasporto passeggeri del 36,3%, oltre a notare che a settembre 2021 le merci trasportate nei 137 principali porti commerciali sono aumentate del 3,1%, nel contempo riafferma che l’Italia resta al primo posto tra i Paesi europei per numero di passeggeri trasportati via mare e al secondo posto, appena subito dopo l’Olanda, per merci trasportate;
aldilà della crisi pandemica, le criticità esistevano e sono sempre lì, ataviche e crescenti data l’enormità delle operazioni burocratiche che il marittimo è costretto a svolgere non solo durante lo svolgimento delle proprie mansioni a bordo, ma anche nei periodi di riposo a casa, dovendo spesso sostenere, e a proprie spese, corsi di specializzazione e di aggiornamento non a bordo, ma presso centri d’istruzione privati.
il settore marittimo presenta una disciplina del tutto peculiare, in quanto ha ad oggetto un ambito lavorativo complesso e delicato; è soggetto, infatti, all’applicazione di molteplici leggi e norme, a volte coincidenti e a volte in conflitto tra di loro: quelle nazionali del marittimo, come l’applicazione di disposizioni speciali contenute nel Codice di Navigazione; quelle nazionali relative alla bandiera della nave e quelle internazionali;
ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 271 del 1999 è lavoratore marittimo qualsiasi persona facente parte dell’equipaggio ed appartenente alla categoria della gente di mare di cui agli articoli 114, lettera a), e 115 del codice della navigazione di cui al RD n. 327 del 30 marzo 1942 che comprende tre categorie: 1° personale di stato maggiore e di bassa forza addetto ai servizi di coperta, di macchina e in genere ai servizi tecnici di bordo; 2° personale addetto ai servizi complementari di bordo; 3° personale addetto al traffico locale e alla pesca costiera, che svolge, a qualsiasi titolo, servizio o attivitàlavorativa a bordo di una nave o unità mercantile o di una nave dapesca;
i lavoratori marittimi costituiscono, dunque, un’ampia e particolare categoria di lavoratori, oggetto di una disciplina speciale; a ciò si aggiunge l’applicazione della normativa nazionale prettamente giuslavoristica, con il rapporto di lavoro della gente di mare regolato dalla normativa sul contratto di arruolamento e la previsione di una serie di adempimenti obbligatori con conseguente applicazione di sanzioni pecuniarie amministrative in caso di inosservanza;
l’applicazione della normativa generale presenta delle difficoltà per i lavoratori del settore marittimo in quanto è spesso difficile, se non impossibile, ricostruire la loro vita lavorativa a causa della peculiarità della attività svolta, caratterizzata da frequenti cambiamenti di luogo e di rapporto di lavoro o perché la residenza del lavoratore non coincide con il compartimento marittimo in cui è iscritta la società armatoriale;
oltre a tale peculiarità normativa, il lavoro dei marittimi è un lavoro sui generis di per sé, basato sulla temporaneità del rapporto lavorativo, il quale richiede, in primis, un buono stato di salute dei lavoratori, potendo essere soggetti a malattie specifiche a causa della natura dell’attività lavorativa e della permanenza in paesi terzi; è, inoltre, un’occupazione particolarmente stressante: ore di lavoro lunghe e non regolari, difficoltà di riposare, una nutrizione particolare (cibo non fresco per molto tempo), situazioni ambientali molto variabili, permanenza a bordo per lunghi periodi su ambienti instabili;
sotto il profilo della semplificazione amministrativa l’anagrafe digitale della Gente di Mare, non risulta ancora implementata e quindi adottata sia dagli Uffici responsabili delle “anagrafiche”, sia da quelli di “collocamento”, impedendo che i dati professionali e occupazionali possano facilitare la ricerca dell’arruolamento anche da parte delle compagnie armatrici;
la mancanza di un’interfaccia telematica nazionale, al fine di espletare tutti gli innumerevoli atti necessari per lo svolgimento della propria professione, costringe il marittimo a rivolgersi in presenza e spesso quindi anche a spostarsi per grandi distanze per recarsi fisicamente presso gli sportelli del proprio compartimento marittimo, questi tra l’altro, sempre più soventemente accessibili solo attraverso lunghe code a causa dell’esigua disponibilità degli orari di ricevimento del pubblico;
con l’adozione tardiva e restrittiva del codice STCW 2000 ratificato a Manila, la formazione professionale è demandata pressoché e unicamente ai centri di addestramento privati, con meccanismo di destituzione dei titoli professionali; il marittimo si trova ad affrontare necessariamente costi aggiuntivi per la preparazione richiesta, e questo in ogni ordine di grado e mansione svolta e addestramenti che dapprima erano svolti e tenuti a bordo, ora vanno effettuati nei periodi di riposo dal lavoro con aggravio anche di tempo oltre che di risorse economiche;
la Gente di Mare vive condizioni di lavoro estreme, svolgendo le proprie mansioni in orari di lavoro logoranti, scanditi anche da orari di guardia in cui è giustamente richiesta la massima attenzione psicofisica e di responsabilità;
recentemente con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 194, l’Italia ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2019/1159 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, recante modifica della direttiva 2008/106/CE concernente i requisiti minimi di formazione per la gente di mare;
oltre la navigazione, le guardie, i ripetuti posti di manovra, le operazioni di carico e scarico, le manutenzioni, i documenti e relative pratiche burocratiche da svolgere, fanno sì che le attività svolte non possano essere considerate alla stregua di altre tipologie di lavoro svolte su terraferma;
originariamente, la categoria era inserita nell’elenco delle “attività usuranti” con il Decreto Legislativo n.374 del 1993, e precisamente nella Tabella A di quel testo, ma con il D.lgs n. 67 del 2011, i marittimi ne sono stati esclusi;
tutto ciò ha una serie di conseguenze negative a cominciare dalla sicurezza della navigazione e dalla tutela ambientale, nella capacità complessiva di fornire quelle garanzie d’immediatezza in situazioni di pericolo o emergenza, aumentando quindi le condizioni di rischio non solo per il resto dell’equipaggio e eventuali passeggeri, ma anche per sé stesso.
Tutto ciò premesso e considerato,
impegna il Governo:
- a implementare l’Anagrafe Digitale Unica della Gente di Mare, tramite portale informatico in capo al Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, che possa fornire efficiente contezza del numero e della situazione dei lavoratori marittimi, offrendo quei servizi telematici atti a semplificare, velocizzare e sburocratizzare il settore;
- a prevedere la deduzione dei costi sostenuti dai lavoratori marittimi per la partecipazione a corsi ed attività di formazione inerenti alla propria attività lavorativa;
- a inserire la categoria della Gente di Mare nella classe dei lavori usuranti e prevedere la riduzione dell’età pensionabile in maniera proporzionata al carico e all’entità delle mansioni svolte, aumentando conseguentemente anche la sicurezza a bordo e della navigazione;
- ad adottare le opportune iniziative normative volte a prevedere o rafforzare forme di sostegno al reddito dei lavoratori marittimi nei periodi di inattività tra ciascuno sbarco e l’imbarco successivo;
- ad adottare le opportune iniziative normative volte a favorire -anche in sede di rinnovo del contratto nazionale di settore- e garantire al personale marittimo forme di continuità contributiva ai fini pensionistici in considerazione delle peculiarità e dei rischi professionali del lavoro marittimo il cui rapporto è caratterizzato da discontinuità e lacune contributive;
- a prevedere l’introduzione di specifici benefici fiscali a favore dei lavoratori marittimi che possano dimostrare di essere stati imbarcati su navi battente bandiera italiana per oltre sei mesi nell’anno.