Nel settore idrico vanno approfondite le metodologie tariffarie adottate con un’indagine conoscitiva parlamentare, anche per la babele di flessibilità e discrezionalità che gli enti locali utilizzano assecondando i gestori privati e misti. Il Consiglio di Stato lo riconosce nella sentenza n. 5309 del 2021, chiedendo al gestore del servizio la pianificazione base approvata quale presupposto da assumere a giustificazione delle diverse formule tariffarie, tenuto conto dell’esigenza di verificare la congruità dei costi della gestione rispetto agli obiettivi pianificati anche ‘in relazione agli investimenti programmati.
Oggi, con il Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza (Pnrr), si prevedono 600 milioni di euro da assegnare a interventi nel settore fognario-depurativo e complessivamente 4,68 miliardi sul sistema idrico. Ciò che manca all’appello sono le risorse che le aziende private o miste che gestiscono l’acqua hanno speso, o sarebbe meglio dire, non hanno speso, in piani di investimenti che la tariffazione dovrebbe garantire, anche perché l’unica remunerazione possibile per i privati sarebbe sugli investimenti o per le aziende quotate in borsa, sarebbero gli interessi sulle azioni.
Leggere questi dati non è possibile anche perché il procedimento di determinazione delle componenti di costo è a dir poco complesso e in diversi casi intellegibile dalla cittadinanza. Il livello di trasparenza e di accesso alle informazioni rischia di essere totalmente violato.
In questo 2022 il tema della regolazione delle tariffe delle bollette non può investire solo quelle energetiche, ma deve toccare con forza quelle di un servizio ancora più essenziale che è quello dell’acqua. Per questo il M5S chiede da mesi al Presidente della Commissione Ambiente e a tutte le altre forze politiche di avviare un’indagine conoscitiva parlamentare che faccia finalmente chiarezza e sia stimolo per portare soluzioni nel Paese